La babele linguistica del Daghestan.

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Nizhyn Batlukh in lingua avara Aga Batlukh [Нижний_Батлух foto di Шамильского CC BY-SA 3.0]

Il Daghestan è una repubblica autonoma della Russia. Si trova nel Distretto Meridionale del Caucaso Settentrionale. Costituisce la parte più a sud della Federazione Russa e rappresenta un caso di complessità etno-linguistica particolarmente significativo; è diviso in 41 distretti amministrativi e conta tre milioni di abitanti di cui la stragrande maggioranza professa l’islam-sunnita, eccezion fatta per alcune sparute minoranze di cristiani-ortodossi ed ebrei. Nonostante l’islam sia arrivato nel 1500 anche nelle zone più impervie del paese, molte comunità montane hanno mantenuto un certo sostrato culturale pre-islamico di tipo animistico, che tuttavia non ha mai intaccato l’ortodossia della loro fede musulmana. Il dato che emerge è che a tanta uniformità religiosa corrisponde una straordinaria —  e forse unica  — disuniformità linguistica, basti pensare che in Daghestan ci sono più di 30 lingue, parlate, talvolta, solo da cinque o diecimila locutori. Riportiamo testualmente quello che abbiamo scritto in un precedente articolo: «Il Daghestan che si trova ad oriente lungo le sponde del Caspio, è un insieme indescrivibile e variegato di piccole polis che hanno mantenuto più che in altre parti del mondo autonomia ed isolamento. Si può quasi affermare che all’interno di esso ci siano tante altre piccole nazioni unite tra loro dal continuum linguistico della lingua russa, in assenza della quale la babele daghestana risulterebbe ancora più indecifrabile».
Può accadere dunque che due abitanti di villaggi diversi, distanti tra loro poche decine di chilometri, possono anche non comprendersi. In ogni caso per ogni ulteriore approfondimento si rimanda agli articoli pubblicati precedentemente nella presente sezione di color verde.

Dakhadayevskiy rayon [by Pixabay]

Una delle tante etnie daghestane è quella del popolo dido tsez, sul quale hanno scritto: «Sono stati conservati i resti dei culti della terra, del cielo, dei luminari, del fuoco, delle montagne, dei fiumi, delle foreste, delle sorgenti, ecc., delle idee animistiche, totemiche, della fede nella magia, ecc., credenze associate al culto della Pietra Bianca» [Wiki ru.]. Il Daghestan è stato attraversato ed occupato da svariati popoli che seguivano l’unica direttiva possibile per oltrepassare la barriera del Caucaso da settentrione a meridione o viceversa. Tralasciando la sua storia, che va dalle invasioni dei primi nomadi del nord, ai vari domini persiani, khazari, ottomani ed infine russi, va detto che la struttura etnica dei suoi popoli può definirsi di tipo pluricellulare. Il suo vasto territorio è diventato l’ambiente ideale per la formazione di un insieme di minuscole polis, in cui ogni comunità, costituita da diversi villaggi chiamati aul, si è trasformata in una “nazione” a sé stante. Ciò grazie al naturale isolamento in cui si trovano i vari insediamenti rurali. Nel corso dei secoli e dei millenni questo tipo di distacco geografico ha fatto da laboratorio linguistico e culturale: sebbene tutti questi popoli indigeni abbiano adottato gli alfabeti degli occupanti per questioni di opportunità, c’è da dire che ogni singola aggregazione si è evoluta in maniera totalmente diversa dai suoi vicini. Le lingue del Daghestan oggi utilizzano l’alfabeto cirillico, mentre in passato utilizzavano l’alfabeto persiano, georgiano, arabo e latino; tuttavia 18 di esse non hanno alcuna forma scritta.

bandiera del popolo Tsez o Dido [by CC BY-SA 3.0]

Le lingue originarie del Daghestan rientrano nella macro-famiglia delle lingue caucasiche nord-orientali, a loro volta suddivise al proprio interno in 4 gruppi principali. Il primo è quello avarico della parte centro-occidentale del Daghestan ed è indicato avar-andico-didoico; esso rappresenta un sottoinsieme linguistico in cui l’avaro avendo più locutori in assoluto, vanta una posizione dominante di lingua semi-franca, utilizzabile dalle popolazioni etnicamente affini agli stessi avari. Il gruppo avar-andi-dido comprende: la lingua akhvakh, andi, bagvalal, botlikh, chamalal, godoberi, karata, tindi. Il secondo gruppo è quello delle lingue strettamente dido e racchiudeil dido o tsez, il bezhta, l’hunzib, il khvarsh, l’hinukh. Il terzo, diffuso nell’area centro-meridionale del Daghestan, è formato dal dargwa e dal lakIl quarto riguardante le aree a sud della regione è chiamato lezghiano e comprende: l’arcia, il tabasarano, l’agul, il rutulo, lo tsakhur, il budukh, il khinalug, l’udi, il lesgino e il kryz. Ognuna di esse ha altrettante varianti e idiomi.
Con la conquista del Daghestan da parte di molti popoli ed imperi, si sono diffuse in tutto il suo territorio altre lingue appartenenti a gruppi linguisticamente esogeni: si tratta delle parlate indo-europee e della famiglia turco-mongolica. Tra le prime spicca per eccellenza il russo e il «tat delle montagne», tra le seconde il cumucco e il nogai (ma anche forme di tataro e di turkmeno).

il tipico aul daghestano [CC0 by Pixabay]

La lingua avara che ha un grande diffusione è parlata da circa 800.000 locutori in 10 centri di pianura e in quasi 200 villaggi di montagna; essa è comprensibile dagli abitanti di alcuni villaggi occidentali stanziati ai confini con la Georgia, che etnicamente non si considerano avari. Durante le epoche passate, in alcuni casi, molti popoli sono stati costretti giuridicamente ad identificarsi col gruppo avaro. Eppure le cose stanno diversamente: ogni comunità che può essere costituita da diversi villaggi può ricomprendere al suo interno due lingue completamente diverse. Un esempio può chiarire meglio il quadro. Nel distretto di Tsumada, formato da 52 villaggi, oltre all’avaro si parlano almeno due lingue diverse, tindi khvarsh, le quali prendono il nome da due dei paesi del loro comprensorio che fungono da paesi capofila-linguistici per l’intero raggruppamento. I tindi, ad esempio, quando comunicano con gli altri, utilizzano l’etnonimo idarai o idarays per auto-definirsi; invece i popoli confinanti li chiamano con il nome del villaggio più grande che hanno: i chamalal li chiamano go; i bagvalal li chiamano idaradi; gli avari tindal.

Sildi [foto di WelcomeDegestan.ru CC BY-SA 4.0]

[Da Wikipedia. ru.]
Y. V. Ivanova, partecipante ad una delle spedizioni nel Daghestan occidentale, organizzata nel 1946 dall’Istituto di Etnografia dell’Accademia delle Scienze dell’URSS, lasciò un’annotazionestraordinaria nel suo diario di campo: I Tindal sono un popolo indipendente con una propria lingua e identità nazionale […] La loro cultura, sia materiale che spirituale, non priva di alcune caratteristiche indipendenti, è parte integrante dell’ampia e complessa cultura del Daghestan centrale e occidentale, che convenzionalmente può essere chiamato Avar, la comunanza della cultura è spiegata in tutta la storia precedente degli abitanti degli altipiani.

Le suesposte suddivisioni linguistiche ad oggi sono oggetto di dibattito e di discussione tra i glottologi, che non hanno unanimità di vedute sulla correttezza delle classificazioni proposte. Il caso del Daghestan è davvero un caso più unico che raro. Questa che abbiamo presentato è la babele linguistica in cui versa il Daghestan, dove ci sono tante piccole polis che, come direbbe il filosofo Leibniz, sembrano delle monadi che non hanno né porte né finestre. Questo è il Daghestan il paese delle montagne e delle lingue. Queste sono le sue piccole comunità costituite da genti che per comunicare tra loro hanno fatto ricorso alla lingua degli stranieri, come quella deli zar!

 

(l’immagine di copertina è di pubblico dominio)

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