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L’arancino o arancina è una pietanza tipica siciliana fatta con il riso. È un prodotto molto noto e diffuso in tutta l’isola e in tante altre parti del mondo, dove la cultura gastronomica italiana si è imposta per superiorità culinaria o dove è stata recepita con grande facilità. Il Dizionario Treccani lo/la definisce nel seguente modo: «Specialità della cucina siciliana consistente in una specie di supplì di riso in forma di arancia in cui il riso rimane bianco e il condimento (rigaglie di pollo e sugo) è concentrato nel mezzo». L’arancino/a è diventato oggetto di discussione linguistica in quanto è utilizzato/a in italiano sia nella forma maschile che in quella femminile. Ma partiamo dal dato storico. Non essendoci tracce certe sull’origine di questo piatto è stato ipotizzato che sia stato introdotto in Sicilia durante la dominazione saracena. Pare infatti che tra gli arabi l’usanza di appallottolare del riso sul palmo delle mani, condendolo al centro con un qualsiasi tipo di condimento, sia abbastanza diffusa. Si può affermare con un certa verosimiglianza che l’arancino/a sia nato/a come cibo da asporto e che dunque la sua genesi gastronomica sia stata di tipo funzionale: rendere un risotto asportabile racchiudendolo in una panatura croccante! In base a quanto riportato dal «Nuovo vocabolario siciliano-italiano del Traina (1868)», l’Accademia della Crusca sostiene «che il legame tra il supplì siciliano e la tradizione araba non è affatto certo; si potrebbe ritenere invece che si tratti di un piatto dolce, nato nella seconda metà del 1800, e che in seguito sia stato trasformato in una specialità salata».
La sua presunta origine araba è probabilmente un’opera di ricostruzione storica volutamente esotica; non manca nemmeno una sua possibile origine medievale risalente all’epoca di Federico II di Svevia, durante la quale molti elementi di culture diverse, soprattutto arabe, vennero assorbiti ed introdotti nell’uso comune. Secondo tale ricostruzione e in assenza di documentazioni storiche precedenti al 1800, è possibile affermare che l’arancino/a abbia un’origine relativamente moderna e che da pietanza dolce sia diventata man mano pietanza salata. Da un punto di vista linguistico occorre sottolineare quanto segue. A causa di un forte campanilismo, spesso di tipo goliardico, che contrappone la versione maschile a quella femminile, diffuse ad est e ad ovest della Sicilia, l’etimo arancino-arancina negli ultimi decenni è diventato materia di dibattito lessicale che va dal serio al faceto. Va detto che la prima contrapposizione formale tra chi sostiene che la parola arancino sia esclusiva della parte est dell’isola, e che arancina sia esclusiva di quella ovest, è assolutamente inesatta ed è purtroppo un luogo comune. Se è vero che a Catania, Messina e in altre parti orientali predomina la versione maschile e che a Palermo predomina quella femminile, è altrettanto vero che una netta antitesi geografica è improponibile; la realtà presenta peculiarità locali che offrono una mappatura linguistica a macchia di leopardo. Quindi il contrasto terminologico tra i due binomi arancino-est ed arancina-ovest si presenta solo in via approssimativa ed apparente.
La domanda, diventata ormai contesa ludica e massmediatica, è la seguente: chi ha ragione nella disputa arancino-arancina? Secondo la Crusca entrambe le varianti sono formalmente corrette. L’Accademia ritiene inoltre che la morfologia femminile abbia una prevalenza nell’uso scritto e che quella maschile abbia una predominanza su quella orale e nel registro colloquiale. La struttura materiale dell’arancino/a, simile ad una sfera o ad una pallina conica, ha fatto sì che che il supplì venisse accostato come idea ad una piccola arancia. A differenza dell’italiano che prevede la terminologia maschile per gli alberi e quella femminile per i frutti, in siciliano il frutto dell’albero di arancio si chiama aranciu; ciò dimostra che il dialetto, essendo più vicino al latino volgare, si è mantenuto in linea con il genere neutro di quest’ultimo, adottato per indicare i frutti: da aranciu si è passati ad arancinu. Il termine femminile arancina deriva invece direttamente dall’italiano arancia. Tuttavia le prime documentazioni lessicografiche di metà novecento, che prendono spunto da pochissime fonti ottocentesche, attestano che il genere prevalente per indicare il supplì di riso è quasi esclusivamente maschile. In ogni caso va ribadito ancora che le due varianti maschile e femminile sia nell’uso scritto che in quello parlato coesistono in modo paritario.
La Crusca conclude così: «Si potrebbe allora concludere che chi dice arancino italianizza il modello morfologico dialettale, mentre chi dice arancina non fa altro che riproporre il modello dell’italiano standard».
L’arancino/arancina è diventato/a uno dei simboli della cultura gastronomica siciliana, tanto da rappresentarla nel suo insieme. Si è trasformato/a inoltre in uno dei simboli dello street food siciliano per eccellenza, ossia del cibo di strada. La cucina, intesa come insieme di conoscenze e di esperienze umane che si tramandano nel corso del tempo è cultura. La cultura è storia, e l’arancino/arancina fa parte ormai della storia del nostro tempo.