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La notte del 15 agosto del 1977 l’astronomo americano Jerry Ehman captò uno strano segnale proveniente dal cosmo, per mezzo del radiotelescopio «Big Ear» dell’Università dell’Ohio impegnata nel progetto SETI (che sta per Search for Extra-Terrestrial Intelligence – Ricerca di intelligenza extraterrestre).
Nato nel 1974, è un programma che si occupa della ricerca di possibili forme di vita evolute attraverso la ricognizione e la ricezione di messaggi in onde radio. La radioastronomia nasce nel 1860 grazie al fisico scozzese Maxwell che elaborò una teoria secondo la quale esiste una famiglia di radiazioni in cui la luce ordinaria è rappresentata in essa solo in piccola parte. Queste onde associate ai fenomeni elettrici e magnetici costituiscono le radiazioni elettromagnetiche. Sono chiamate anche radioonde e sono caratterizzate, come tutte le altre, da una lunghezza e da una frequenza. La parte di spettro elettromagnetico alle quali appartengono è utilizzata per le radiocomunicazioni: si tratta di una “regione di piccole dimensioni” che va oltre il cosiddetto “lontano infrarosso” e può essere misurata solo in micrometri (un micrometro è un milionesimo di metro). Le microonde, ad esempio, arrivano a diversi miliardi di micrometri; la luce solare invece è ricca di ultravioletti e di infrarossi. Nel 1931 fu scoperta una finestra radio, un vuoto, che ci permette di poter essere affacciati sul cosmo. Si comprese che la maggior parte dei disturbi delle comunicazioni, dovute al normale rumore naturale, provenivano non tanto dal Sole ma dalla Via Lattea. Furono inventati i radiotelescopi: strumenti in grado di osservare le stelle e di fornire delle immagini non attraverso l’intercettazione della luce, ma attraverso la ricezione di onde provenienti dallo spazio profondo.
Il progetto SETI è fondato sull’idea che delle ipotetiche civiltà evolute di natura extraterrestre per poter comunicare col resto dell’universo sarebbero costrette a farlo tramite le onde radio nella modulazione di frequenza dell’idrogeno, che è l’elemento che più abbonda in tutto l’universo.
Prima di continuare è doveroso chiarire un punto: la gran parte della comunità scientifica (cioè la maggior di fisici, astrofisici e teorici della conoscenza) considera l’intero programma come un progetto appartenente alle pseudo-scienze, basato su teorie e metodologie non rigorosamente aderenti ai principi della scienza empirica. SETI mancherebbe di falsificabilità ossia dell’elemento di perfettibilità della scienza che è sempre in grado di circoscrivere l’errore di metodo. Questo dato concettuale è stato concepito ed enucleato nel novecento dal filosofo Popper. La mission dell’istituto americano sembrerebbe aprioristicamente preordinata a voler dimostrare in modo poco scientifico non tanto che nell’universo ci possa esser vita, ma che da qualche parte c’è sicuramente vita intelligente!
Il Big Ear (oggi smantellato) era un radiotelescopio a puntamento fisso che sfruttava la rotazione terrestre.
Si trattava di uno strumento di “osservazione” costituito da una base rettangolare simile ad un campo di calcio, con due coni di rilevazione che altro non erano se non due antenne congegnate in modo da correggersi a vicenda. Sfruttando la velocità di rotazione terrestre, le due antenne avrebbero potuto osservare un singolo punto dello spazio solo per 72 secondi, entrando nel settantatreesimo già in un’altra porzione di cielo. Quella notte alle 23:16 i tabulati del computer centrale fornirono come di consueto i numeri della cifratura dei dati osservati ed il Dott. Ehman si accorse che alcuni valori indicavano una sorgente radio decisamente insolita e soprattutto molto molto forte! Cerchiò in rosso quei numeri aggiungendo la scritta «Wow», che in inglese è un’espressione di grande meraviglia. Il segnale era contrassegnato con la sequenza alfanumerica 6EQUJ5, indicante i suoi intervalli di variazione. Risparmiando al lettore tutto l’aspetto tecnico-matematico che definisce il concetto di intensità di una radiosorgente, andiamo sul perché sia stato classificato come diverso da tutte le altre emissioni. Secondo gli studiosi del SETI, un segnale così deciso, continuo, a frequenza stretta, ascendente per 36 secondi e perfettamente discendente dopo 36, vicino alla fascia dell’idrogeno, non poteva che essere un prodotto artificiale generato da una qualche forma di civiltà extraterrestre!
Proveniva presumibilmente dalla stella Tau-Sagittarii appartenente all’omonima costellazione. Si tratta di una gigante arancione che si appresta a finire il proprio ciclo vitale. Dista circa 122 anni luce dalla Terra.
La cosa ancora più strana fu che «il rumore» non venne intercettato dalla seconda antenna come invece sarebbe dovuto accadere tre minuti dopo. Si aspettò il mese successivo ma senza successo. Non accadde mai più! Nella frequenza dove è stato intercettato, cioè nei 1.420,356 MHz, sono vietate le trasmissioni terrestri. Allo stesso modo sembra potersi escludere una qualche interferenza dovuta all’attività di una quasar (QUASi-stellAR radio source) ovvero di una radiosorgente quasi stellare. “Wow” rappresentava un qualcosa di molto anomalo e di mai «visto» prima. La suggestiva spiegazione fornita dai cultori dell’esistenza della vita extraterrestre ad ogni costo, è stata così spiegata: Wow altro non sarebbe che la risposta aliena al segnale inviato nello spazio nel 1974 dallo stesso programma SETI attraverso il gigantesco radiotelescopio di Arecibo e contenente le informazioni essenziali riguardo la vita sulla terra. Ipotesi affascinante quanto illogica perché un qualsiasi messaggio inviato dalla Terra e che viaggi alla velocità della luce impiegherebbe 122 anni solo per arrivare a Tau-Sagittari! Quel segnale cifrato, lanciato nel 1974, oggi è ancora in viaggio !!! Nel corso degli anni i vari addetti ai lavori hanno accuratamente pesato i diversi elementi del mistero e forse sono arrivati ad una conclusione: Wow non era un segnale emesso da una qualche civiltà aliena. Secondo alcuni sarebbe stato generato da una semplice interazione cosmica dovuta al passaggio di due comete che avrebbero rilasciato un’enorme quantità di vapore acqueo dal loro nucleo, immettendo molto idrogeno nella fascia osservata dal radiotelescopio.
Si tratterebbe della cometa 266P/Christensen e della cometa P/2008 Y2. La Christensen, passata il 25 gennaio del 2017, non ha più suscitato lo stesso interesse mediatico di qualche decennio fa. La seconda si è avvicinata alla Terra nel gennaio del 2018 finendo anch’essa nel dimenticatoio come la sua collega che vaga indisturbata nello spazio. SETI è stato considerato da molti dei suoi detrattori come troppo ambiguo e scientificamente poco ortodosso. A parere di chi scrive è importante sottolineare un pensiero molto semplice: «che ci sia vita oltre il nostro Sistema Solare è altamente possibile, ma che sia anche intelligente è tutto da dimostrare». Gli alieni forse non sono altro che un frutto della nostra mente. Sono la proiezione di noi stessi negli altri. Tutto questo ci aiuta a farci vivere meglio e a farci sentire meno soli.
Conclusioni. Indipendentemente dai risultati di quei tabulati e di tutte le ricerche che continueranno a svolgersi nello scrutare il cosmo, quello che più affascina è senz’altro la bellezza della mente umana, riflesso dell’intelligenza divina. Essa è in grado di viaggiare nel cosmo ad una velocità superiore a quella della stessa luce, per ritrovarsi nell’infinito nient’altro che con se stessa!