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Il Palio di Siena è di certo il palio più conosciuto al mondo ed anche uno dei più antichi.
Come è ben noto si tratta di una «competizione» tra le 17 contrade in cui è suddivisa la città di Siena all’interno delle proprie mura, attraverso la quale si misurano in una «corsa» di cavalli dentro un perimetro a forma di conchiglia, ricavato attorno alla piazza più importante della città: Piazza del Campo.
È bene e doveroso sin da subito chiarire alcuni punti fondamentali ed importantissimi. Il Palio non è né una gara, né una corsa di cavalli, né una competizione sportiva. Pertanto i termini che abbiamo utilizzato poco prima sono accezioni semplicistiche che non possono mai dare piena contezza di ciò che realmente è.
Paolo Frajese, uno dei più famosi giornalisti della RAI, lo definì come un «gioco diventato più grande di quello che doveva essere». Fu uno dei suoi più celebri commentatori televisivi.
Da wikipedia: «Fin dal 1200 si ha testimonianza di una corsa di cavalli a Siena, e documenti anteriori al XII secolo ricordano di un Palio di San Bonifazio […]».
Si corre due volte l’anno: il 2 luglio in onore della Madonna di Provenzano ed il 16 agosto in onore della festa dell’Assunzione. Il primo è quello più antico; il secondo, col tempo è diventato quello più importante.
Il Palio, così come tutti le altre carriere medievali che si tenevano in diverse realtà dell’Italia Comunale in perenne rivolta contro l’Impero, inizialmente fu una disputa tra nobili che si confrontavano attraverso delle corse di cavalli, asini o bufali (quasi sempre a briglie sciolte). Lo facevano oltre che per spirito ludico anche e soprattutto per il mantenimento di un certo status e potere sociale. Col tempo queste competizioni cambiarono notevolmente aspetto trasformandosi da gare aristocratiche a gare di popolo.
Nel ‘600 inizia ad avere un carattere di maggior stabilità trasferendosi nel tracciato perimetrale di Piazza del Campo ed assumendo sempre di più una struttura di corsa rionale organizzata dalle magistrature finanziarie. Nel 1774 entrambi i palii vennero omologati e disciplinati in un unico regolamento. Dal 1800 la sua struttura non è più cambiata salvo che in dettagli di poco conto.
Parlando di Palio non si può non parlare delle contrade. Si pensa che in origine fossero addirittura 80.
Esso è letteralmente fatto, creato e corso da queste anime del territorio che rappresentano il tessuto vitale sul quale si regge tutta Siena. Esse sono una ripartizione fisica, concettuale, morale e persino spirituale in cui è frazionata l’intera municipalità toscana e sono un po’ come dei macro uomini dotati di una certa vita artificiale.
Se ne contano 17 e i loro confini vennero stabiliti definitivamente nel 1729 da Violante Beatrice di Baviera governatrice di Siena. Le elenchiamo in ordine alfabetico: Aquila, Bruco, Chiocciola, Civetta, Drago, Giraffa, Istrice, Leocorno, Lupa, Nicchio, Oca, Onda, Pantera, Selva, Tartuca, Torre e Valdimontone. Variano sia nella dimensione che nella popolosità; quasi tutte hanno una nemica; alcune non hanno più alcuna ostilità in corso con la vicina; una di esse invece ne ha due.
Il senese è contradaiolo ed il contradaiolo non può che essere senese. L’appartenenza ad una contrada è data dall’esclusività paternale. Come per il cognome, così allo stesso modo il figlio o la figlia seguirà la contrada del padre. I senesi vengono battezzati due volte: una volta col sacramento religioso, la seconda volta laicamente nelle fonti del proprio rione. Da quel momento sono cittadini a tutti gli effetti di quel territorio.
Contradaioli lo si nasce e lo si diventa per spirito di amore, di convinzione e di senesità.
Il Palio in tutte le sue fasi e in tutti i suoi rituali, ha una struttura abbastanza complessa, difficile da descrivere in tutte le sue componenti. Farlo qui è impossibile.
Si esaurisce dopo tre frenetici ed adrenalinici giri di piazza su di un anello di tufo di un certo spessore, “posato” alcuni giorni prima dagli operai del Comune. La carriera dura meno di due minuti.
È una festa in cui sacro e profano si mescolano in un mix quasi indistinguibile. Tutto è affidato alla sorte, ma allo stesso tempo tutto viene rimesso alle preghiere rivolte alla Vergine, alla quale è dedicata l’intera manifestazione.
Paolo Frajese, che pur non essendo senese era carico di tanta senesità, raccontava spesso nelle sue lunghe e memorabili telecronache, che i senesi dopo aver perso l’indipendenza si inventarono una guerra interna ricreando nel Palio tutte quelle azioni tipiche dello stato di belligeranza; tutto questo a motivo del loro indomito ed implacabile carattere guerriero. Forse è una ricostruzione molto romantica ma non del tutto arbitraria. In esso è possibile scorgere antropologicamente il meccanismo sociale del frazionamento per l’unità riscontrabile nelle polis dell’antica Grecia.
Il Palio è un momento dell’anno particolarissimo in cui ogni contrada dichiarando guerra all’altra si batte per ottenere l’onore e il rispetto di tutta la città. E’ una lotta rievocativa che serve «ad arrivare primi per essere primi» poiché arrivando secondi non c’è nessuna gloria ma solo l’ignominia, d’altronde non è una manifestazione sportiva!
L’amore dei contradaioli per la loro città è un amore smisurato, profondo, incommensurabile; e tutti i sentimenti che nutrono per essa, repubblica ghibellina fedele al Sacro Romano Impero Germanico, sono stati tramandati quasi intatti alle generazioni successive con devozione e sacralità.
È una magia che i non senesi non potranno mai capire. Ed è solo qui in questa realtà gotica che tanti contrasti trovano soluzione: tra guerra e pace, tra misticismo e superstizione, tra odio e amore.
Emilio Ravel (*2 febbraio 1933 + 13 febbraio 2018) grande senese, giornalista e pioniere della televisione italiana (RAI), una volta disse: «chi vorrà “vedere” davvero il Palio dovrà farlo anche attraverso gli occhi del paradosso e del mistero. Altrimenti gliene sfuggiranno l’essenza e il battito più profondo».
Il 20 ottobre nel Campo di Siena si correrà il Palio Straordinario del 2018 in occasione del centenario della fine della Prima Guerra Mondiale e della conseguente vittoria dell’Italia sull’Austria-Ungheria. Sarà un’occasione per farsi abbracciare dalla città delle contrade – fedele agli imperatori germanici – e nata dalla romanità di Senio e Ascanio figli di Remo, che secondo la leggenda l’avrebbero fondata proprio nel cuore della Toscana etrusca.
Su una delle sue porte rivolta verso nord in direzione Firenze (rivale storica ed una volta tanto detestata), ancor’oggi campeggia una scritta molto emblematica: «Cor magis tibi Sena pandit: Siena ti apre un cuore più grande [della porta che stai attraversando]».