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Il 26 gennaio del 1972 il volo JAT-367 della compagnia di bandiera jugoslava JAT (Jugoslovenski Aerotransport) diretto da Copenaghen a Zagabria, con 28 passeggeri a bordo (13 viaggiatori e 5 membri d’equipaggio) precipita a causa di un’esplosione causata da un ordigno nei pressi del piccolo villaggio di Srbska Kamenice, nell’allora Cecoslovacchia, quasi al confine con l’ex Germania Orientale (DDR). Nell’incidente morirono 27 persone. Si è trattato (come si suppone) di un attentato terroristico organizzato da un gruppo di separatisti croati. Ci fu un solo superstite, una giovane hostess serba: la ventiduenne Vesna Vulović. La sua storia è impossibile da credere e va oltre qualsiasi immaginazione. Cadde da un’altezza di oltre 10.100 metri intrappolata tra i rottami dell’aereo rimanendo viva! Il DC-9 della JAT partito dall’aeroporto di Stoccolma-Arlanda alle 13:30, atterra all’aeroporto di Copenaghen alle 14:30. Sarebbe dovuto ripartire alla volta di Zagabria per poi arrivare a Belgrado. La giovane Vesna, felice ed entusiasta perché era la prima volta che visitava la Danimarca, era giunta nel paese scandinavo il pomeriggio del giorno prima. Alloggiava allo Sheraton e assieme ai suoi colleghi aveva visitato i monumenti e i principali luoghi di interesse della capitale danese.
Le venne comunicato di imbarcarsi sul volo JAT-367 per aggiungersi come quinto membro dell’equipaggio. In realtà su quel volo non doveva esserci, infatti per un errore di omonimia fu chiamata al posto di un’altra Vesna. Questo è stato un particolare che ha determinato in un modo misterioso ed imponderabile il destino di due soggetti legati da uno stesso nome. Alle 15:15 il DC-9 jugoslavo riparte per la Croazia. L’ultimo contatto radio tra il comandante Ludvig Razdrih e il controllo a terra tedesco-orientale avviene alle 15:59. Alle 16:01 l’aereo scompare da tutti i radar. Esplode in volo disintegrandosi in tante parti. A questo punto tutto quello che accade diventa incredibile, surreale ed impossibile da concepire. Dopo l’esplosione Vesna cade da quota 10.160 metri incastrata in una parte della fusoliera, sfuggendo miracolosamente sia all’esplosione che al risucchio creato dalla detonazione. Esposta alla temperatura di -60° precipita sui monti della Cecoslovacchia immobilizzata all’interno di quell’involucro di lamiere, che fino a pochi minuti prima costituiva una parte del DC-9. I rottami vengono scaraventati su di un luogo collinare e boschivo della Boemia Settentrionale, nella regione di Ústí nad Labem (Ústecký kraj), distretto di Okres Děčín, in una località non lontana da Srbska Kamenice.
Lo scenario che si presenta ai soccorsi è catastrofico: macerie e distruzione dappertutto. Uno dei primi soccorritori arrivati sul luogo del disastro, fu un boscaiolo di Srbska: Bruno Honke, un ex ufficiale medico di origine tedesca che aveva prestato servizio nella Wehrmacht durante la Seconda Guerra Mondiale. Vedendo quello che accadeva in cielo, si era recato di proposito in quella parte di bosco interessata dalla caduta dei rottami dicendo di aver sentito dei lamenti e delle urla. Erano le grida di Vesna che si trovava dentro una parte indistinguibile della sezione centrale della fusoliera all’altezza dell’ala; metà del suo corpo era incuneata saldamente tra un carrello della ristorazione e il corpo di una sua collega; l’altra metà era libera. Honke disse di averla trovata senza scarpe, strappate via dalla forza della decompressione. Era viva, piena di ferite, con la divisa completamente insanguinata e con diverse fratture multiple alle gambe, al cranio e alle vertebre. Fu l’unica sopravvissuta di quel terribile disastro !!! Venne trasportata in ospedale e trascorse più di 27 giorni alternando veglia e coma, tra lucidità e shock. Rischiò di rimanere paralizzata dalla vita in giù; fortunatamente dopo un mese riacquisì il completo utilizzo delle gambe.
Un vigile del fuoco, Zdenko Kubik, dirà in seguito di aver sentito un’esplosione e di aver visto sopra i cieli di Srbska una nuvola di frammenti che veniva giù come pioggia di fuoco fumante, assieme a valige e a tanti altri materiali provenienti dal velivolo. Anche lui fu uno dei primi soccorritori: in seguito all’accaduto chiamerà Vensa la futura figlia, proprio in suo onore. Non lontano da lì, inoltre, ancor oggi c’è una pensione che si chiama come lei. Honke disse più e più volte di averla trovata in un rottame che presumibilmente doveva essere stato la parte centrale del velivolo. Le autorità dissero invece che si trovava nella parte finale, più precisamente nel «cono di coda». Nonostante sia stata sfortunata nell’essere stata scelta dal fato al posto dell’altra Vesna, un’incredibile serie di fattori ed una particolare combinazione di variabili le hanno permesso di rimanere in vita. Ma la domanda che sorge è la seguente: è veramente possibile rimanere vivi precipitando da una simile altezza? Si pensa che la particolare forma della fusoliera venutasi a creare dopo l’esplosione, abbia notevolmente rallentato la sua velocità di discesa, facendola planare su di una zona boschiva, con alberi molto alti e ricoperti di neve, in grado di ammortizzarne la caduta.
Questi sono stati alcuni degli elementi che hanno permesso alla Vulović di sopravvivere. Le autorità jugoslave parlarono fin da subito di un attentato dei nazionalisti croati; dissero che si era trattato di un incidente causato dall’esplosione di un ordigno contenuto dentro una valigia. Nel 2009 un gruppo di giornalisti tedeschi respinse la ricostruzione storica dei fatti, avanzando l’ipotesi di un abbattimento effettuato per errore da un aereo della difesa cecoslovacca. Si parla di congetture e di ricostruzioni assai incerte. Vesna divenne ben presto un eroe nazionale e tornò a volare. Fu ricevuta in persona da Tito, tra onori ed onorificenze varie. Miroslav Ilic, un compositore serbo le dedicò un brano: «Vesna stjuardesa (1972)». Si sposò ed ebbe una bambina nel 1977, ma nel concepirla rischiò nuovamente la vita a causa di una gravidanza extrauterina. Anche stavolta i medici dissero “che era stata molto fortunata”!
Rimase meravigliata e scossa al di là della felicità incommensurabile di aver dato alla luce una nuova creatura. Sembrava che avesse vissuto davvero due volte! Da quel giorno iniziò a pensare realmente che con la morte avesse un rapporto speciale. Nel 1985 ricevette il Premio per il Guinness dei Primati, consegnatole a Londra da Paul McCartney, per il più alto lancio mai effettuato da 33.000 piedi in caduta libera (indipendente dalla sua volontà!). Nel 1990 venne licenziata dalla JAT per aver pubblicamente condannato il regime di Milosevic’. Inizia ad essere un’attivista ed una dissidente politica. Conduce manifestazioni di piazza e si batte per sensibilizzare l’opinione pubblica contro le politiche militari intraprese dal leader serbo nei Balcani. Una volta fu vista sul balcone del municipio di Belgrado acclamata dalla folla mentre protestava contro il regime. Eppure qualcosa l’aveva scossa: essere rimasta in vita l’aveva paradossalmente turbata; vedere che i suoi colleghi non ce l’avevano fatta l’aveva compromessa emotivamente e in un modo irreparabile; in un’intervista affermò di non essere stata mai fortunata, in quanto l’incidente aveva sconvolto la sua vita e quella dei suoi familiari. Vesna Vulović, l’ex hostess della compagnia di bandiera yugoslava, la «pasionaria» nazionale, la paladina di tante battaglie, la donna che visse due volte, morì il 23 dicembre 2016 a soli 66 anni per cause naturali, nella morbida intimità domestica della sua casa di Belgrado! Così ebbe a dire di sé: «La cosa divertente è che se devi morire il modo più semplice è su di un aereo. Quindi è così, quello non era il mio giorno. È il destino».