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Si tratta di un dipinto del pittore ucraino Il’ja Efimovič Repin realizzato tra il 1880 e il 1991 ed intitolato «La risposta dei cosacchi dello Zaporož’e al sultano Mehmed IV di Turchia» (in russo: Запорожцы пишут письмо турецкому султану) attualmente esposto nel museo di San Pietroburgo. I cosacchi costituirono per molti secoli un raggruppamento di nomadi slavi di fede cristiana al servizio degli Zar; il loro compito era di proteggere i confini della Russia Meridionale. Erano organizzati in entità proto-statuali slave stanziate nell’Ucraina Meridionale lungo il fiume Dniepr. Vivevano in piena autonomia nelle steppe della Pianura Sarmatica conducendo una vita semi-nomade di tipo militare, legata alla cavalleria e al mondo equestre. L’opera di Repin ritrae un fatto storico, molto verosimile, ambientato al tempo della guerra russo-turca del 1676. Con questo dipinto egli cerca di accreditare una leggenda secondo la quale i cosacchi risposero in maniera oltraggiosa ad una missiva del sultano ottomano Mehmed IV che gli ordinava di arrendersi e di sottomettersi alla sua maestà. Tutto questo va inquadrato nella cornice storica dell’epoca, in cui l’Impero Ottomano cercava di espandere in terra slava i possedimenti turco-tatari del Khanato di Crimea, già da tempo suo stato-vassallo. A tale ordine, scritto in modo altisonante e sontuoso, i cosacchi risposero con un insieme di espressioni volgari e colorite.
La lettera: In quanto sultano, figlio di Maometto, fratello del Sole e della Luna, nipote e viceré per grazia di Dio; governatore del regno di Macedonia, Babilonia, Gerusalemme, Alto e Basso Egitto; imperatore degli imperatori; sovrano dei sovrani; cavaliere straordinario e imbattuto; fedele guardiano della tomba di Gesù Cristo; fido prescelto da Dio stesso; speranza e conforto dei Musulmani; grande difensore dei cristiani — io comando a voi, cosacchi dello Zaporož’e, di sottomettervi a me volontariamente e senza resistenza alcuna, e cessare di tediarmi con i vostri attacchi.
La risposta dei Cosacchi fu la seguente:
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Tu, diavolo turco, maledetto compare e fratello del demonio, servitore di Lucifero stesso. Quale straordinario cavaliere sei, tu che non riesci ad uccidere un riccio col tuo culo nudo? Il diavolo caca e il tuo esercito ingrassa. Non avrai, figlio d’una cagna, dei cristiani sotto di te, non temiamo il tuo esercito; per terra e per mare continueremo a darti battaglia, sia maledetta tua madre.
Tu cuoco di Babilonia, carrettiere di Macedonia, birraio di Gerusalemme, fottitore di capre di Alessandria, porcaro di Alto e Basso Egitto, maiale d’Armenia, ladro infame della Podolia, “amato“ tartaro, boia di Kam”janec’, idiota del mondo e dell’altro mondo, nipote del Serpente e piaga nel nostro cazzo. Muso di porco, deretano di giumenta, cane di un macellaio, fronte non battezzata, scopati tua madre!
Ecco come gli Zaporozi ti hanno risposto, essere infimo: non comanderai neanche i maiali di un cristiano. Così concludiamo, visto che non conosciamo la data e non possediamo calendario, il mese è in cielo, l’anno sta scritto sui libri e il giorno è lo stesso da noi come da voi. Puoi baciarci il culo!