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Durante lo sbarco degli alleati in Sicilia («Operazione Husky» 9 luglio – 17 agosto 1943) un bombardiere FIAT B.R.20 «Cicogna» dell’aviazione italiana venne verosimilmente colpito dalle forze nemiche mentre stava effettuando un giro di ricognizione a largo del mare di Agrigento. Fu costretto ad ammarare vicino la spiaggia di San Leone che costituisce il lido della cittadina siciliana.
Il relitto oggi si trova inabissato alla profondità di 2 metri (dal suo punto più alto) e ad una distanza di 40 dalla spiaggia. Allo stato attuale l’aereo è corroso in molte sue parti, soprattutto nella zona della fusoliera superiore. È senza matricola e presenta evidenti criticità strutturali. Alcune testimoni oculari, in passato, hanno riferito che in quel frangente i membri dell’equipaggio riuscirono a mettersi in salvo. Il velivolo si suppone che sia precipitato, o perché colpito dal fuoco degli alleati, o più semplicemente a causa di un’ avaria al motore. Pare possa escludersi invece il tentativo di un atterraggio volontario su di una vicina pista militare, in quanto i carrelli delle ruote sono stati ritrovati in posizione retratta e dunque l’ammaraggio è stata la conseguenza di un incidente.
Il suo «ritrovamento» non è stato un caso fortuito. Della sua “presenza” c’è stata da sempre una certa consapevolezza. Molti frequentatori di quella zona balneare sapevano della sua esistenza: di tanto in tanto infatti la parte superiore della carlinga riaffiora sul pelo dell’acqua rendendosi ben visibile a chiunque.
La notorietà del relitto è venuta alla ribalta intorno al 2010, quando il Sig. Angelo Rizzo, appassionato di storia militare, ha richiamato l’attenzione della Capitaneria di Porto di Porto Empedocle e della Sovrintendenza del Mare di Palermo, per effettuare un primo riconoscimento riguardante modello, storia di volo e altri dettagli che sono ancora da ricostruire. È nato così un progetto di recupero chiamato “Operazione Cicogna”, che dovrebbe seguire tre fasi: riconoscimento, recupero e restauro. Il Sig. Rizzo è stato nominato dallo Stato Maggiore beneficiario-custode del relitto essendo l’unico curatore del progetto. L’Operazione che sembrava pronta a partire, ha dovuto subire diversi stop temporanei a causa del mancato finanziamento da parte di diversi sovventori e partner. Il problema principale comunque non è quello del patrocinio finanziario, ma quello riguardante l’individuazione di un luogo idoneo alla sua esposizione.
Il “Cicogna” era un bombardiere medio bimotore prodotto dalla Fiat Aviazione entrato in servizio nel 1936. La sigla BR sta per Bombardamento Rosatelli, dal nome dell’ingegner Celestino Rosatelli che lo progettò. Aveva cinque membri di equipaggio: il comandante, il secondo pilota e tre avieri addetti al munizionamento. Lungo 16 metri e con una lunghezza alare di circa 21 metri, era mosso da due motori Fiat radiali ravvicinati, A80 RC.41, che sviluppavano una potenza di 1000 CV ciascuno.
Aveva un’autonomia di circa 3000 km e poteva arrivare alla velocità di 430 km/h. Poteva portare un massimo di carico bellico di 1500/1600 kg. costituito da bombe a caduta libera, posizionate nella stiva in modo orizzontale e non più in senso verticale. Era dotato di tre mitragliatrici Breda che gli consentivano una certa autodifesa, che erano collocate: una (di tipo doppio) sulla torretta dorsale; una frontale e l’altra in posizione ventrale con apertura a mandibola. Quelle sulla torretta avevano un calibro maggiore. Teoricamente doveva essere un bombardiere in grado di contrastare le azioni offensive dei caccia nemici proprio grazie a tali dotazioni difensive, ma nella realtà non fu così. In ogni missione doveva essere scortato dai caccia, e pertanto ogni suo spostamento negli scenari di guerra doveva essere supportato da una scorta agile e pronta all’intervento. Nel complesso era un buon velivolo, ma molto limitato. Nonostante fosse provvisto di buoni apparati di controllo, come i puntatori o le due macchine fotografiche in grado di riportare lo status del bombardamento, risultava penalizzato dal cattivo rendimento dei due motori.
Lentezza, pesantezza e mancanza di agilità, furono la causa del suo rimaneggiamento e del suo declassamento. A metà del conflitto fu ben presto impiegato in operazioni di perlustrazione e di ricognizione.
Inizialmente venne utilizzato nella Guerra Civile Spagnola; in seguito con lo scoppio della guerra fu introdotto nella campagna contro la Francia. Nel ’41 i nuovi Cicogna, circa 80, vennero assegnati al Corpo Aereo Italiano stanziato in Belgio come supporto alla Luftwaffe tedesca durante la Battaglia d‘Inghilterra. Il reparto italiano effettuò diversi bombardamenti sui porti di Harwich, Ramsgate e sulle industrie di Ipswich. Non conseguì il successo sperato. I B.R.20 vennero successivamente impiegati in tutti i teatri di guerra del Mediterraneo.
Con l’avanzare del conflitto e a seguito di varie disfatte, i B.R.20 vennero assegnati a missioni di ricognizione a medio e lungo raggio nei Balcani e sulla Jugoslavija.
Dopo l’8 settembre del 1943, e dunque con l’Armistizio, rimasero in servizio di prima linea solo 81 Cicogna. Diventarono aerei d’addestramento e nel dopo conflitto rimasero pienamente operativi solo pochi esemplari. Nel caso del nostro bombardiere sembra potersi supporre che sia stato colpito durante un pattugliamento delle acque italiane, forse proprio in occasione dello sbarco alleato.
Di esso esistono solo due relitti: uno si trova nel Mar Ligure, vicino al litorale di Imperia, ad una profondità di 47 metri. L’altro è il nostro, inabissatosi a pochi metri dalla riva, e silente testimone dei fatti che accaddero in quella lunga estate calda.
IL SITO DOVE GIACE L’AEREO È SOTTOPOSTO AD «UN’ORDINANZA DI INTERDIZIONE D’AREA SU RELITTO DI VELIVOLO MILITARE», EMESSA DALLA CAPITANERIA DI PORTO di PORTO EMPEDOCLE CON PROVVEDIMENTO N.22/2010 del 16 agosto 2010.
PERTANTO È VIETATA QUALSIASI ATTIVITÀ NON AUTORIZZATA, E SONO ALTRESÌ VIETATE LE IMMERSIONI ED IL PASSAGGIO DI NATANTI SOPRA TUTTA L’AREA.