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La Turchia è uno stato euro-asiatico di fede islamica che si affaccia sul Mediterraneo e sul Mar Nero. La Penisola dell’Anatolia rappresenta il 97% del suo territorio costituendo tradizionalmente la cosiddetta Asia Anteriore. La rimanente parte, circa il 3% di superficie, si trova in Europa e pertanto nella sua interezza viene considerata come uno stato transcontinentale. Geograficamente è anche per l’appunto terra d’Europa per via della sopra citata sua parte di terra confinante con la Grecia e con la Bulgaria.
Istanbul l’antica Bisanzio greca, che fu poi la Costantinopoli dell’Impero Romano d’Oriente, può infatti vantare lo status di città divisa tra due continenti. È una città davvero unica, nella quale oriente ed occidente si incontrano e si abbracciano. Si affaccia ai due lati del Bosforo che è lo stretto di mare attraverso il quale dal Mar Egeo si entra nel Ponto Eusino, cioè nel Mar Nero. La penisola anatolica dove insiste la gran parte di Turchia confina a sud con Syria ed Iraq; ad est con l’Iran e un po’ più a nord con l’Armenia e la Georgia, che sono due stati caucasici ex sovietici. Erede diretta del vastissimo Impero Ottomano, la Turchia moderna, governata da Erdogan, vive oggi un momento di particolare sofferenza. È stretta infatti tra diverse forze e tra diversi poli d’attrazione che ne spostano continuamente l’asse politico e culturale facendola oscillare tra est ed ovest, tra laicità e confessionalismo e tra atlantismo e nuovo patto mediorientale, come ad es. quello siglato con Russia ed Iran. I suoi continui riposizionamenti ne compromettono stabilità politica e affidabilità internazionale.
Ma chi sono i turchi? I turchi propriamente detti non sono altro che i discendenti odierni dei vecchi ottomani, i quali nel 1281 fondarono l’Impero Turco, detto per l’appunto ottomano. È un termine derivante da «osmanli» che significa “appartenente ad Osman”, capostipite di quella dinastia di cui ne fu anche sultano e califfo.
Gli albòri del nuovo stato turco furono nell’attuale Anatolia, divisa all’epoca tra i possedimenti romano-bizantini di Costantinopoli, tra quelli cristiani dell’Antica Armenia e tra quelli di alcuni stati vassalli dell’Impero Turco-Selgiuchide. Questi ultimi furono i precursori degli stessi ottomani. Ma facciamo un passo ancora più indietro.
La genesi dei popoli turchi va cercata nell’Asia centrale e mongolica. Essi appartengono ad una grande costellazione di genti classificate antropologicamente come di stirpe turco-mongola che racchiude in sé un insieme molto vasto di etnie accomunate dalle medesime radici linguistiche, ma non religiose: infatti a differenza dei turchi che col tempo si sono islamizzati, i mongoli propriamente detti sono rimasti buddisti o animisti. Va ricordato inoltre che molti popoli siberiani appartengono ancor oggi a questa grande famiglia linguistica. Nel tardo medioevo le immense, desolate e pianeggianti steppe euroasiatiche, hanno permesso a molte di queste tribù di espandersi verso occidente «tramite delle vere e proprie autostrade desertiche», tanto che queste orde sono riuscite ad alterare in un modo parecchio significativo l’intera struttura politica e sociale di diversi stati europei, mediterranei, mediorientali, ed estremo-orientali.
Fautori di tutto questo furono le tribù mongole (già da immaginare somaticamente diverse dai turchi-osmanli) che unificate sotto il grande Gengis Khan si spinsero sempre più verso ovest, iniziando nel 1200 una serie di grandissime conquiste territoriali che costrinsero i diversi clan turchi stanziati da tempo nell’Asia Centrale, a spostarsi verso l’Europa, la Persia, il Medio Oriente e verso l’attuale Turchia. La maggior parte di questi popoli «turanici» (appellativo conferito loro dai popoli persiani) spinti dai mongoli sciamano-buddhisti, rimodellò tutta la fisionomia euro-asiatica in un modo irreversibile. Gli Oghuz, ad esempio, furono una confederazione di clan turchi (già di fede islamica) che diede vita alla dinastia turco-persiana dei Selgiuchidi, la quale poi sostituendosi ad altri regni dell’Anatolia creò proprio quella degli ottomani. Naturalmente si pensa che i popoli turco-mongoli, in un tempo assai arcaico per non dire quasi preistorico, siano stati tra loro gruppi molto più affini di adesso, tanto da non avere distinzioni fisiche di rilievo.
Nell’occidente medievale gli stessi mongoli erano chiamati «tatari o tartari». Questo termine nel corso del tempo è stato fonte di gran confusione. Entrambi gli aggettivi, l’uno corruzione dell’altro, servono a designare molti loro cugini prossimi e meno prossimi, che vivono nella Federazione Russa e più precisamente: nell’odierno Tatarstan; nella Crimea dove abitano i cosiddetti «Tartari di Crimea»; e più in generale nel Caucaso o nella Siberia. Di essi vi sono tanti altri piccoli gruppi che vivono in Polonia, in Lituania e in Cina. L’ Impero Ottomano fu un impero di vaste dimensioni, che dominò sia nel Medio Oriente, sia in Europa e sia nel Nord Africa. Erdogan è stato incoronato come il nuovo sultano dell’era moderna. Con lui è stata inaugurata la stagione dell’ottomanismo, attraverso il quale cerca di far risplendere gli antichi fasti del vecchio impero dissoltosi con la fine della Prima Guerra Mondiale. Si chiama anche panturchismo, ed è diventato il nuovo polo magnetico della discutibile fratellanza turca del virtuale Turkestan, che dovrebbe ricomprendere tutti quei popoli islamici centro-asiatici presenti in Azerbaijan, Turkmenistan, Kazakistan, Uzbekistan, e Kirghizistan. Tutti questi popoli condividono con la lontana Ankara la medesima genesi etnica.
Con questa fratellanza, fatta di permessi di soggiorno speciali, di borse di studio per studenti, e di agevolazioni varie, Erdogan ha ricolmato il vuoto politico, culturale e sociale lasciato nelle varie repubbliche sovietiche centro-asiatiche dal crollo dell’URSS. Sostituendosi ad essa nella guida dei popoli turchi, di fatto ha ricreato una specie di nuovo impero ottomano-asiatico.