I popoli turchi (seconda parte).

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L’entrata dei turchi di Maometto II – Benjamin Constant (1876)

Trattare in poche righe la storia di un impero centenario come quello ottomano sarebbe materialmente e logicamente impossibile. Possiamo provare però a «descrivere» per linee generali alcune sue caratteristiche, ritenute soggettivamente dallo scrivente come più importanti e più significative di altre.
I turchi oghuz dopo essere entrati in conflitto nell’alto medioevo con un altro popolo turco, gli uiguri, e spostandosi verso occidente, diedero vita a varie dinastie nell’Asia Centrale e Meridionale; tra queste ricordiamo quella turco-persiana dei selgiuchidi, dai quali si originò quella ottomana della Turchia.
Ribadiamo un concetto: i turchi non sono un popolo arabo e non hanno nulla che vedere con i popoli semitici mediorientali. Il primo nucleo oghuz-selgiuchide in Anatolia fu il Sultanato di Rum. Rum è un termine arabo, e vuol dire “romano”.  Tale appellativo venne utilizzato e adottato dalle stesse tribù turche per indicare tutti quei territori bizantini sottratti all’Impero Romano d’Oriente. A questo punto l’Impero Turco, con Osman I, diventato “impero ottomano”, iniziò la sua formidabile ed inarrestabile ascesa. Convenzionalmente la sua nascita e la sua fine vengono indicate con le seguenti date: 1299 e 1922. Il suo declino iniziò da tempo, ma divenne irreversibile con la sconfitta subita nella prima guerra mondiale. Fu uno degli imperi più longevi e vasti della storia. Riteniamo che sia insensato stilare una graduatoria che mostri il posizionamento dei mega regni in base alle loro dimensioni territoriali o demografiche come si potrebbe fare con una qualsiasi classifica sportiva. Lo studio storico tiene conto di ben altri fattori.

Jodocus Hondt – Turcici Imperii Imago (1606)

Premesso questo, occorre dire che l’Impero Ottomano detto anche la «Sublime Porta» (termine che indicava uno dei palazzi di governo di Istanbul dove risiedevano gli alti funzionari di stato) ha modificato la storia europea, mediorientale, nordafricana ed asiatica in un modo parecchio considerevole.
In oltre seicento anni di vita ha riplasmato politicamente, territorialmente e culturalmente molti popoli, marcandoli con un’impronta quasi indelebile. Ha trasformato luoghi, nomi, simboli, persone, genti. Ha cambiato le cattedrali bizantine in moschee; gli opifici in industrie; le terme romane in hammam (bagni turchi); ha rimodellato soprattutto l’Impero Romano dei Greci in un impero asiatico proveniente dalle lontane steppe. Il suo dominio si estendeva dall’Anatolia alla Mesopotamia; dall’Egitto all’attuale Algeria; dalla Palestina alla Penisola Arabica. Continuava inoltre in Grecia, nei Balcani, nei territori centro-orientali dell’Europa, nel Caucaso e nella Crimea. Arrivò persino vicino Vienna! Basta pensare che introdusse l’Islam nei territori balcanici dell’attuale Bosnia-Erzegovina, Kosovo e Albania. Dopo aver posto fine all’Impero Romano d’Oriente con la conquista di Costantinopoli nel 1453, diventata Istanbul, lo stato degli oghuz riuscì a garantirsi la supremazia economica su oltre metà del Mediterraneo Levantino e su tutti gli incroci commerciali e mercantili tra oriente ed occidente. La sua potenza militare (terrestre e navale) ed il suo fulgore economico divennero talmente insormontabili, che nemmeno la nascita dei più considerevoli stati-nazione occidentali riuscì a contrastarne l’enorme egemonia. Su gran parte del Mediterraneo Orientale, i vessilli con la mezzaluna rossa e la stella, sventolarono gloriosi ed indisturbati per secoli e secoli.

la Battaglia di Lepanto di Antonio Brugada (XIX sec.)

L’unica realtà occidentale che riuscì a limitarne la potenza in campo politico, territoriale e mercantile fu Venezia, che grazie alla sua ricchezza e prosperità divenne la «Roma dei Mari», tanto da essere temuta dagli stessi sultani di Istanbul. Fuori dai suoi confini, la Sublime Porta, con i suoi eserciti, i suoi mercenari e i suoi corsari, garantiva una perenne guerra e pressione su tutti i popoli ad essa limitrofi che non erano suoi vassalli o suoi tributari. Sui territori balcanici, Istanbul ricorreva spesso al Devşirme (lett. raccolta) che era un crudele sistema di arruolamento forzato attraverso il quale si garantiva il mantenimento di un esercito di schiavi leali, costituito esclusivamente da bambini cristiani sottratti alle loro famiglie. Questi bambini provenienti dalle zone balcaniche e dall’Europa Orientale, costituirono spesso una parte considerevole degli eserciti ottomani dislocati nella Rumelia (che significa la terra dei romani d’oriente) e cioè nella Grecia e nei Balcani Meridionali. Il Devşirme fu una pratica particolarmente odiosa: le vittime allontanate in tenera età dalle loro famiglie e dai loro luoghi originari venivano destinate perpetuamente all’esercito della Porta. Lontani da esse, diventavano musulmani per adattamento e per cultura.

Moschea Blu – Istanbul

L’Islam in teoria proibisce la conversione forzata, ma di fatto, nel corso del tempo, le diverse comunità musulmane l’hanno permessa e la permettono tuttora!
L’impero era costituito per una parte da molti popoli non-musulmani raccolti in diverse minoranze nazionali: per loro fu inventato di proposito un sistema di governo che ne garantiva una certa autonomia chiamato millet, che in turco-osmanli vuol dire semplicemente “nazione”. La maggior parte di queste era costituita da popolazioni di religione cristiana ed ebraica. Ad entrambe le fedi abramitiche – almeno solo inizialmente – venne riconosciuto un trattamento privilegiato, che col tempo però fu esteso anche ai sabei, ai zoroastriani, e forse anche agli yazidi. Non è invece chiara la vita dell’Islam settario, diviso anch’esso in tanti rivoli, nell’impero. I cristiani sottomessi, per la maggior parte erano cristiano-ortodossi: slavi, greci, armeni (monofisiti) e una parte di caucasici. Gli altri correligionari appartenevano alle popolazioni mesopotamiche delle chiese cristiane antiche, agli egiziani copti e naturalmente a molti cristiano-cattolici della Terra Santa, delle isole e di altre parti. Tutti questi erano liberi di professare la propria fede a condizione di pagare la jizya, che non era nient’altro che una tassa di sottomissione o «imposta di capitazione» per godere giuridicamente dello status di dhimmi, che in arabo vuol dire «protetto». Naturalmente i turchi non inventarono nulla di nuovo, tali precetti tipici della sharia islamica esistevano già da secoli e furono applicati dai loro predecessori in tutti i domini musulmani. Il formidabile impero governato dal sistema dei millet garantì per molti secoli una certa autonomia a tutte le genti non musulmane. Tuttavia occorre dire che a tanta relativa tolleranza spesso corrispondeva altrettanto odio etnico. È paradossale pensare al destino riservato nel secolo scorso al popolo armeno.

Anatolia

La loro comunità da sempre ritenuta come la più fedele ad Istanbul fu vittima ad inizio novecento dell’odio ideologico del nuovo ed intransigente ultranazionalismo turco e subì una persecuzione così feroce che questa viene oggi considerata come il primo genocidio inaugurato nel secolo orribile. Il tramonto della Sublime Porta lasciò al mondo una prima amara eredità: il Medz Yeghern (traducibile in italiano come “Grande Male”) o «Grande Genocidio degli Armeni»Causò circa 1 milione e mezzo di morti !!!

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«il Corriere della Storia (& il Diario Boreale)» è un giornale di guerra che si occupa di etnoantropologia, di geografia e di linguistica. È un'antologia sul cinema che raccoglie tutte quelle pellicole ispirate a fatti realmente accaduti. È un foglio del passato che narra storie di luoghi, di uomini e di popoli. È un quaderno di storia che racconta i fatti del cielo, del mare e della terra, che hanno avuto come protagonisti gli uomini di ogni epoca !!!

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