Le Radici Cristiane della Sicilia.

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articolo del maggio 2015 pubblicato sulla pagina Facebook di Sicilia Fan
[immagini senza royalty by Pixabay]

duomo di Monreale, Palermo

Sappiamo bene che la Sicilia venne cristianizzata sin dalla seconda metà del primo secolo dopo Cristo; di tale fatto ne danno testimonianza sia gli scritti riguardanti le vite degli apostoli, sia le relazioni processuali susseguitesi nel corso del tempo che testimoniano «il martirio dei primi cristiani» votati a rinnegare la fede pagana e a riconfermare con forza la loro appartenenza a Cristo. Nell’ambito di una ricerca sulla cristianizzazione della Sicilia e sulla formazione delle prime diocesi nell’Italia Meridionale, dobbiamo precisare che la diffusione del cristianesimo nell’Isola venne completata già nel V sec. d. C. in un modo molto capillare e uniforme. A parte alcune zone montane e pelagiche, il suo completamento venne concluso già alla fine del secolo anzi detto. Tutto questo in base a molte ricerche portate avanti da secoli e riconfermate negli ultimi decenni da importanti ricercatori dell’Università di Roma, appartenenti al Dipartimento di Studi storico-religiosi, come Mariarita Sgarlata nel suo lavoro «Il Cristianesimo primitivo in Sicilia alla luce delle più recenti scoperte archeologiche». Pare infatti che la Sicilia abbia ospitato precocemente molte comunità cristiane e che queste siano rimaste per lungo tempo legate alla comunità diocesana romana. Le documentazioni storiografiche (manoscritti, testi, iscrizioni, ritrovamenti archeologici e quant’altro) confermano che sin dall’inizio della diffusione del cristianesimo dall’oriente, il clero romano e quello siciliano ebbero una strettissima vicinanza e una forte coesione. Ma quello che diremo in seguito diventa paradossale. I risultati ottenuti possono essere utilizzati per ricostruire tappe e modalità diverse della cristianizzazione nello spazio urbano e suburbano dell’Isola. «Diverse, infatti, dovevano essere le esigenze di un clero urbano educato alla cultura greco-romana (e dunque fortemente latino ed ormai cristiano!) e di un laicato più rurale, ma incredibilmente più greco e maggiormente devoto ai culti pagani dello stato di Roma (opera citata supra)».

chiesa di San Cataldo, Palermo

 L’evangelizzazione avvenne attraverso una rete viaria che costituiva un sistema organico aggiornato sotto Costantino. I ricercatori sostengono «che la parola evangelica viaggiasse maggiormente attraverso le vie secondarie che non tramite le grandi arterie stradali». La carta archeologica ed epigrafica della Sicilia cristiana, dimostra che la conversione dell’entroterra siculo*, restio ad abbracciare il nuovo culto ed ancora fortemente pagano, divenne un fatto compiuto alla fine nel V secolo (*entroterra che vale la pena ricordare, ancora “troppo greco e poco latino”). L’evangelizzazione era anche una fatto linguistico: nei centri urbani si utilizzava pienamente il latino, mentre nell’entroterra e negli ambienti rurali si utilizzava ancora ampiamente il greco. Secoli dopo, ed in un secondo momento, grazie all’influenza bizantina avutasi con la conquista romano-orientale del meridione d’Italia, la latinitas, sarebbe incredibilmente rinata dal decadimento causato dai secoli oscuri durante le invasioni barbariche che avevano declinato gli ultimi fasti di Roma. A questo punto possono essere stabiliti con certezza alcuni punti essenziali: 1) il cristianesimo attecchì in Sicilia «precocemente»; 2) ebbe una lentissima diffusione; la sua ultimazione avvenne sul finire del 400 d.C.; in seguito e per diversi secoli subì l’influsso della Chiesa Orientale anche se poi rientrò subitaneamente nell’alveo del “cattolicesimo romano”; 3) da quando divenne religione ufficiale dello stato romano esso non scomparve mai più dall’Isola, ed è arrivato integro sino ai giorni nostri, ammantato ed arricchito da una cultura mediterranea di tipo greco-occidentale e con molte infiltrazioni dovute alla presenza degli svevo-angioini e degli spagnoli. Questi ultimi trasformeranno la fede cristiana in un “cattolicesimo splendente e fortemente contaminante”.

Duomo di Monreale (1172 – 1267)

Chiarendo inoltre un altro punto, vorremmo puntare adesso il focus dell’indagine sulla tanto osannata «dominazione araba» della Sicilia (anche se sarebbe più corretto parlare di «dominazione berbera di popoli arabizzati!»). Durante il tanto decantato “dominio musulmano della Sicilia”, che occorre ribadire durò solo 240 anni (rispetto alle altre dominazioni), la conversione dei siciliani bizantini, ossia dei nostri avi, «inglobati  da secoli nell’Impero Romano d’Oriente» avvenne in minima parte: riguardò solo una minoranza della popolazione occidentale dell’Isola (circa la metà!). Tuttavia con la cacciata dei Mori dall’Isola, per mano normanna, si assistette ad una netta inversione di tendenza. A parte il radicamento della fede islamica in alcuni territori rurali e montani che perdurò sino a metà del XIII secolo, c’è da dire che la ri-cristianizzazione di quelle comunità della Sicilia Occidentale, fu data da diversi fattori. Uno fu di tipo naturale: “circa un terzo dei siculi” riabbracciò la fede cristiana tramite una nuova opera di evangelizzazione apostolica. È paradossale, ad esempio, riscontrare come vi fossero ovunque famiglie con «genitori islamici già di terza o quarta generazione e figli invece riconvertitisi all’originario cristianesimo». Il secondo motivo è da ricercare nelle politiche di molti Sovrani (persino in quella di un Imperatore del Sacro Romano Impero) che si accanirono contro le sacche di resistenza saracena dei non-riconvertiti, violando spesso gli anatemi di vescovi e papi che ne denunciavano i misfatti. Epurazioni e violenze di massa furono spesso all’ordine del giorno e le conseguenze furono un totale sradicamento della fede maomettana e della cultura saracena dalla Trinacria.

Federico II di Svevia

Gli ultimi saraceni furono deportati in massa per ordine di Federico II di Svevia a Malta ed in Puglia, dove venne creata addirittura per suo volere la «marca dei saraceni espulsi»: la città di Lucera ne è una testimonianza, tanto è vero che venne appellata “Luceria Saracenorum”. Contrariamente a quanto si possa credere a causa dell’influenza dei luoghi comuni sulle menti contemporanee, c’è da dire che Federico II, sovrano estremamente illuminato ed «universalista», con i musulmani di Sicilia fu costretto in alcuni casi ad essere poco tollerante! La storia è difficile da giudicare; ma piacciano o meno, questi sono i fatti. Da quando il cristianesimo attecchì nell’Isola, riuscì a mantenere un continuum storico uniforme e costante, tanto da dare forma e sostanza alla cultura siciliana e alla stessa “sicilianità”.

 

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